Come e Perché seguiamo copioni nelle nostre relazioni

Autore: Antonietta Caputo
Pubblicato il: 12 Febbraio 2019

Come gli attori seguono una parte stabilita nei loro ruoli, noi seguiamo dei copioni nelle nostre relazioni.

Bizzarro, assurdo, impossibile… se lo stai pensando, ti capisco!

Quando iniziai a studiare e capire questi meccanismi non riuscivo a crederli possibili, perché ero certa di avere il 100% del controllo dei miei comportamenti!

Poi, quando ho iniziato la pratica da psicologa, e quando ho lavorato su me stessa in un percorso psicologico, ho iniziato a toccare con mano questi meccanismi automatici.

Infatti, la psicologia spiega i nostri comportamenti attraverso schemi mentali  specifici che seguono una partitura ben definita (ma modificabile, vedremo) chiamata Copione o Modello Operativo Interno. Ne parlo qui, rispondendo alla domanda Perché capitano tutt*a me?!

Oggi aggiungiamo un tassello all’argomento, entrando nel dettaglio: come  si creano i copioni e come fanno a indirizzare le nostre relazioni?

La nascita dei copioni (o modelli operativi interni)

Al momento in cui le esperienze di accudimento nei primi momenti di vita  dei neonati vengono replicate (così come spiegavo nell’articolo precedente), si verifica l’imprinting filiale: le caratteristiche interattive e relazionali (funzionali o meno) della figura di accudimento vengono riconosciute dal piccolo come modalità proprie di chi è deputato a prendersi cura di lui e vengono “accettate”.

Quindi, le richieste di conforto e accudimento vengono adattate a quel tipo di “prendersi cura” di cui il bambino fa esperienza.

Una volta che queste modalità diventano ripetute nei giorni e nei mesi, il bambino inizia a fare delle previsioni su come la figura di accudimento si relazionerà e creerà nella sua mente, quindi, una serie di aspettative su come dovrà comportarsi in caso di difficoltà.

Il bambino ha una sorta di sfera magica…  ? Beh quasi: diciamo, piuttosto, che è da subito abile a  poter connettere gli eventi!

Queste previsioni e aspettative, insieme alle rappresentazioni mentali delle relazioni e delle figure che ruotano attorno al bambino, si riuniscono in schemi mentali operativi che indirizzano il comportamento, chiamati copioni o anche script.

Script, copioni e modelli operativi interni (MOI) sono stessi termini per descrivere un unico processo: il comportamento della persona / bambino in funzione delle rappresentazioni mentali che si è creato grazie alle primissime interazioni di accudimento.

Nel futuro dell’infanzia, dell’adolescenza ed dell’età adulta, questi copioni/script guidano i pensieri, le emozioni e i comportamenti.

Quindi… guidano anche le scelte relazionali e la qualità delle nostre relazioni! Sia quelle superficiali sia quelle profonde.

Come fanno i copioni a guidarci nelle nostre relazioni?

Una volta formati, i copioni diventano una sorta di filtro nell’elaborare le informazioni del mondo circostante.

Si tratta di meccanismi cognitivi messi in moto in modo automatico (ma modificabile, come vedremo) e inconsapevole.  Questi sono: processi di percezione, di attenzione e memoria selettivi: fuori nel mondo vediamo solo cose congruenti ai nostri copioni (ossia, all’idea che già ci siamo fatti di noi stessi e delle risposte che potremmo ricevere ai nostri bisogni affettivi e relazionali).

È come avere un copione di un personaggio – chiamiamolo Andrea, che può essere sia maschile sia femminile – che per ricevere attenzione amorosa, scappa. Allora nell’ambiente esterno  Andrea percepirà e presterà attenzione a situazioni, cose e persone che possano agevolare in qualche modo questo comportamento/script/copione, che chiameremo “scappare per chiedere attenzione”.

Entriamo nel vivo di questo esempio, guardando con la lente di ingrandimento alle modalità relazionali e interattive di chi ha il copione “scappa per chiedere attenzione”.

Il copione “Scappa per chiedere attenzione”

Sin da Bambin*, Andrea ha avuto esperienze di rifiuto quando avrebbe avuto bisogno di accudimento.

Di fronte alla necessità di essere confortat* le interazioni si basavano sull’assenza e sull’incostanza degli avvicinamenti. Le comunicazioni di chi si prendeva cura di l*i erano del tipo “non fare il/la debole, non c’è bisogno di piangere. Smettila” oppure “Devi imparare a cavartela da sol*!”. Quindi, Andrea veniva lasciat* sol* in situazioni dove invece avrebbe avuto bisogno di calore affettivo, vicinanza, supporto e sostegno.

Chi si prendeva cura di l*i in questo modo credeva di agire secondo il suo bene. Intanto in Andrea iniziavano a crearsi una serie di previsioni e aspettative sui comportamenti nelle relazioni, su se stess* e sulle modalità interattive utili alla sua sopravvivenza.

Nel tempo, Andrea ha imparato una strategia di sopravvivenza affettiva e relazionale: ha incamerato il “distanziamento” e “l’assenza” come previsioni relazionali, creando una modalità di falsa autonomia affettiva per poter sopravvivere.

Allo stesso tempo Andrea ha imparato nel tempo a comportarsi secondo il disinteresse degli altri: non mostra coinvolgimento emotivo e sopprime la sua affettività.

Queste sono tutte parti del copione di Andrea che, nella sua vita adulta sceglierà persone e “attori” che possano aiutarlo a portare in scena il suo copione, finendo così  a scegliere persone che possano aiutarlo a mettere in pratica la distanza e l’anaffettività.

È probabile che Andrea scelga persone altrettanto distanzianti (così come le sue figure di accudimento) o persone che cercano un attaccamento ossessivo perché esse stesse hanno un copione “Mi attacco a chi scappa”.

In questo caso la messa in scena del copione può definirsi “dramma”di una relazione disfunzionale dove un partner è incostante e scappa mentre l’altro si aggancia proprio nell’allontanamento dell’altro.

Cosa fare?

Come dicevo prima, esiste un modo per modificare i copione ed è un percorso con professionista psicologo o psicoterapeuta.

In autonomia non è possibile modificare i copioni, ma riflettere sui propri modi di interagire, per tentare di trovare modalità più funzionali.

A. Osservati  nelle tue relazioni

Quando sei in relazione e interazione con un partner, amico, collega, datore di lavoro, prova a osservare le tue modalità di comunicazione/reazione/azione. In che modo stai interagendo? Cosa vogliono comunicare le tue azioni? Quando ti aspetti vicinanza e calore? In che modo le ricerchi? Ne fuggi?

B. Identifica le tue modalità ripetive.

Quando osservi le tue modalità interattive, prova a identificarne le ripetizioni. Per sua natura, il copione si ripete e auto-perpetua. In particolare, in cosa si ripetono? Con chi si ripetono? Secondo te, quali azioni specifiche si ripetono? E quali pensieri?

C. Modifica una piccola modalità di azione e/o reazione

Tutti i giorni, per almeno 1 o 2 mesi, osserva cosa accade, identifica le ripetizioni, scegli un unico tipo di comportamento e modificalo in modo funzionale. Cambia modalità di interagire e relazionarti, osserva cosa accade negli altri, se tu cambi modalità di relazione.

D. Poi, Condividi!

Parlane con chi ti è intorno, individua le persone a cui tieni di più al mondo e prova a parlare loro di queste tue riflessioni. Poi, se ti va, fammi sapere!

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2 righe sull’autore

Sono Psicologa e Psicoterapeuta a Milano e Online.
Nel mio lavoro di consulenza e terapia, aiuto le persone a vivere in modo soddisfacente le loro vite e le relazioni con le persone a cui sono connesse. In consulenza ai metodi di studio, supporto gli studenti universitari nelle loro carriere accademiche calibrando i metodi efficaci individuali ai loro percorsi di studio.

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